I CAMPACCI DI MARMORE
Il mio luogo dell’imprinting si chiama Campacci di Marmore.
Nome alquanto strano, si direbbe dispregiativo, sarà che noi ternani abbiamo
una certa propensione all’appellare ironicamente luoghi di cui, segretamente, andiamo
infinitamente fieri. Ora che ci penso, non mi sono mai chiesto il motivo della
prima parte dell’appellativo. Secondo le storie la deviazione del fiume, che
creò la cascata delle Marmore, aveva causato alcuni problemi alle coltivazioni
locali, ma io, sinceramente, preferisco pensare alla prima ipotesi!
I Campacci di Marmore sono un parco immerso nella natura
alle pendici della suddetta cascata, a due passi dalla casa in cui sono cresciuto,
nella città di Terni. In realtà i Campacci sono il luogo, ma l'imprinting vero e proprio è dato da una sistemica composizione degli elementi che gli appartengono.
E’ un posto tanto incredibile quanto difficile da comunicare, solo le componenti emozionali possono tentare di renderle giustizia. Farò inizialmente un breve racconto allo scopo di visualizzare, e uno più soggettivo per tentare di far comprendere i motivi dell’imprinting.
La cascata, il verde
parco, il sentiero.
La cascata è l’elemento dominante, è formata dal fiume Velino
che defluisce dal lago di Piediluco ed attraversando il parco si
tuffa con fragore nella sottostante gola del Nera. Osservando la cascata dal basso c’è la grande
sezione naturale che confina e spezza il lineare dialogo tra i monti che assistono
impotenti alla sua forza.<< …E come di roccia in roccia il gigantesco Elemento balza con delirante salto, abbattendo le rupi che, consunte e squarciate dai suoi feroci passi, concedono in abissi uno spaventoso sfogo alla poderosa colonna d'acqua che continua a fluire e sembra piuttosto la sorgente di un giovane mare, divelto dal grembo di montagne dalle doglie di un nuovo mondo, che non soltanto la fonte di fiumi che scorrono fluenti in numerosi meandri attraverso la valle! Volgiti indietro!…>>
LORD BYRON
Basterebbe l’immagine
di questo spettacolo a poter definire un imprinting che, volenti o nolenti, ad
uno che è nato e cresciuto tra valle e pendici
di questo luogo, è facile dire di avere. Eppure è altro, o meglio, anche altro,
a coesistere.
Il parco dei
Campacci è la cornice nella quale si estende il “mondo sopra la cascata”.
Dominato dal verde caratteristico della nostra regione, dai grandi “campi”
liberi e curati, in cui si gioca e si mangia, si corre e si riposa, si studia e
si festeggia. Grandi spazi aperti e protetti dai possenti fusti degli alberi, accompagnati
dal silenzio e la pace di un luogo che fortemente si scontra col fragore immutabile
della cascata che scorre nelle sue vene. Le persone risalgono i sentieri del
costolone roccioso per ammirare la cascata, Il sentiero che attraversa e risale la “grande schiena”, attraversa l’acqua in
volo tramite grotte, gole e terreni molto scoscesi, dove si può stare a
contatto con la natura e la grandezza dell’artificio umano.
La casa, l’albero e tutti gli attori
Avevo 5-6
anni, affiorano i primissimi ricordi, nei giorni poco affollati io e i miei amici
venivamo lasciati liberi di essere liberi, in quei casi il parco sembrava così
grande da potersi perdere, e lasciava ammirare luoghi che non sembravano
nemmeno loro. Mi ricordo anche l’invidia verso i ragazzi più grandi che
indisturbati si muovevano furtivamente per paura di essere scoperti e di venir
derubati del loro covo segreto. Quella fantastica e maledetta quercia su cui
qualche anno dopo mi sarei fatto male cadendo! Mi ricordo i personaggi non
protagonisti: i genitori che erano la vigilanza, i “signori del bar” che
amavano rivedersi da ragazzi nella nostra spensieratezza, c’erano le comparse:
i turisti, le folle con le bandierine che tanto ci facevano sorridere, ma c’erano
soprattutto i protagonisti: le distese verdi ed il rumore del silenzio, la
cascata ed il rumore potente e poi l’albero che si faceva casa, che interagiva
con chi sapeva immergersi in quella dimensione. In quel momento, anzi, qualche
momento più tardi dei 6 anni ne feci anche casa mia, le cavità nel fusto
sembravano appositamente studiate ad offrire appoggi per la rapida salita e quel
famoso albero sarebbe diventato un vero e proprio dissipatore di relazioni.
Non
ricordo con esattezza quanti anni avessi,
ma ben presto iniziarono ad arrivare le prime scappatelle indipendenti, e
nonostante qualche annetto accumulato in più sono costretto a raccontare la
seconda parte per completezza. Il luogo di ritrovo era sempre quello, al parco,
in bella compagnia, sorgeva in me il dubbio del romano che non ha mai visitato
il Colosseo. Da bambini era raro percorrere i sentieri della cascata, data
anche la difficoltà, così nelle belle domeniche, ancor più se dovevamo far
colpo su qualche ragazza, ci avvalevamo del nostro diritto di residenti per
intrufolarci in alcuni dei luoghi più suggestivi del posto. Indimenticabile il
Balcone degli Innamorati, che più che per romanticoni era un gran posto per
farsi una bella doccia sotto le acque scroscianti che arrivavano dall’alto,
diventando così un luogo di gioco, interattivo e mai morto.
La cascata
delle Marmore è un luogo eccezionale. Poeti, attori, cantanti, critici dell’arte,
in tanti si sono sentiti in dovere di vivere questa esperienza e raccontarla,
eppure sono convinto che l’aver vissuto a 360 gradi questo piccolo grande mondo
sia sufficiente per poter affermare che ha improntato in me qualcosa, una forma
identitaria che con orgoglio porto in me.
DUE PROTAGONISTI DELL'IMPRINTING...
L'ALBERO
LA CASCATA
SUL PROGETTO...
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